Genitorialità e natalità

in Finlandia c’è una legge che garantisce a entrambi i genitori (anche adottivi) 160 giorni di congedo parentale. La norma non fa alcuna distinzione tra madri e padri: parla di “genitori”. La strategia legislativa è quella di migliorare la qualità della vita delle famiglie, assicurando ai genitori più tempo da passare con i figli. In particolare cerca di evitare che il lavoro di cura dei bambini, nei loro primi mesi di vita, ricada esclusivamente sulle donne.
In Italia, la situazione è diversa. Alle mamme spettano cinque mesi di maternità, ai papà (se lavoratori dipendenti) dieci giorni di congedo obbligatorio. C’è poi anche il congedo parentale facoltativo.
In Italia diventare madri significa mettere a rischio la propria carriera e di conseguenza la propria indipendenza economica: nel nostro Paese, più figli si fanno, meno si lavora. Ma non deve essere così! Infatti, nei Paesi “ricchi”, in termini di sviluppo economico e sociale, la relazione tra donne che lavorano e aumento della natalità vanno di pari passo. Potremmo quindi affermare che rendere più semplice per le madri continuare a lavorare è un modo efficace per far alzare i tassi di natalità. A questo punto sorge la domanda: con quali possibili leve legislative si possono attuare tali fattori critici?
Le scelte di ordine prettamente di politica sociale per sostenere i genitori, e dunque la natalità, sono tante. Le voci che toccano più da vicino gli aspetti di genitorialità e della natalità potrebbero andare dal sostegno alle madri lavoratrici ai congedi di paternità, dagli investimenti in servizi per l’infanzia agli assegni familiari.
Purtroppo si questi programmi si accompagnano alla tendenza a proporre strategie che spesso si impantanano nelle sabbie mobili del dibattito tra partiti, procrastinando e annacquando decisioni di politica attiva funzionali alla risoluzione del problema.
La conseguenza più deleteria è che rimaniamo indietro rispetto alle posizioni dei Paesi più avanzati nell’affrontare il tema donna-lavoro e natalità. il nostro Paese  si posiziona infatti al penultimo posto tra quelli europei per la crescita demografica (rapporto donna/nascite: 1.35).

Autore articolo: Giorgio Fiorini

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