Mio nipote e il nostro Grande Fratello

Giorni fa, ho chiesto a uno dei miei nipoti cosa gli ricordasse il nome: “Grande fratello”. Pensava mi riferissi alla trasmissione televisiva. Gli ho risposto che volevo richiamare la sua attenzione a qualcosa di più serio (mi perdonino del comparativo gli autori del format e coloro che lo apprezzano).
Gli ho ricordato che le due parole derivavano dal libro “1984” scritto da George Orwell nel 1949, anno in cui frequentavo già le elementari ed avevo “grandi amici”, ma nessun “Grande fratello”, essendo figlio unico!Penso proprio che Orwell non immaginasse che la sua fantasia sarebbe diventata realtà. Oggi il “Grande fratello” esiste davvero: è Internet, è Facebook, è Google, sono i colossi informatici a cui quasi tutti oggi ci affidiamo.  Sanno tutto di noi e prevedono persino le nostre mosse. Come quel sistema algoritmico, tramite il quale le polizie di molti Paesi riescono a prevedere la possibilità di un atto criminoso in un certo ambiente o, affermano alcuni, mediante l’analisi facciale si  potrebbe stabilire persino la predisposizione di un individuo a commettere reati. In questo ultimo caso si collegherebbe a una forme di “pseudoscienza” che si potrebbe definire  “fisiognomica digitale”. In pratica, una specie di revival digitale delle teorie di Lombroso, che se fosse ancora vivo, prenderebbe il premio Nobel e verrebbe assunto da Zuckerberg!
Su questi temi hanno prodotto persino dei film. Quanto sta avvenendo non è comunque semplicemente lo script per un film: è la realtà. Almeno per quanto riguarda il primo utilizzo, le forze dell’ordine italiane stanno testando la validità di questo sistema tecnologico.
Ora la domanda: Credete che sia difficile per un “sistema” che ci conosce così bene, che sa tutto di noi e prevede le nostre mosse, condizionarci, orientarci e controllarci? Attraverso i social da Facebook a YouTube, da Twitter a WhatsApp, è stata disseminata falsa informazione e non solo per fini politici, come è successo e succede. L’intera nostra vita è analizzata con facilità per condizionarci attraverso una comunicazione mirata: voti, ansie, acquisti, gusti, desideri più  meno confessabili. Nessun sito, tranne quelli di associazioni culturali, nell’offrire contenuti o informazioni sta in piedi solo con la pubblicità: quando non offrono prodotti, il prodotto siamo noi, tramite la profilazione fatta mediante gli interessi degli internauti. E allora? La refrattarietà al dominio degli algoritmi da parte dei “resistenti”, è una battaglia persa? Per ora sarebbe opportuno che incominciassimo almeno a prendere consapevolezza che il problema esiste e reagire culturalmente. Ad esempio: creare scritture teatrali, film ad hoc, elaborare corsi di orientamento scolastico per attrezzare i giovani a comprendere le tecniche comunicative e manipolatorie del “Grande fratello”. Organizzazioni culturali come UNI TER includere il tema nei convegni settimanali. Tra 15/20 anni, sarò curioso di sapere da mio nipote come si è evoluta la tecnologia: è stata controllata e utilizzata come un mezzo di sviluppo e non un fine, o il “Grande fratello” ha preso il potere, asservendoci. Magari me lo comunicherà con il sistema W.I.R.D. (Whatsapp Intergenerazionale per Resistenti Defunti). Se così dovesse avvenire, almeno mi possa comunicare quanti scudetti e “triplete” ha vinto l’Inter nel frattempo. Dalla mia posizione sulle “nuvole dell’anima” (“soul clouds” in meneghino moderno), anche eventuali false notizie (“fake news”, vedi sopra) sono di consolazione. E mio nipote, anche se juventino, per il bene che mi vuole e per rendermi felice, sarebbe disposto a comunicarmi anche fake news, pardon, bugie…

Autore articolo: Giorgio Fiorini

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