L’algoritmo della felicità

Mi aggancio al tema della “felicità”, per scrivere di questa sensazione una versione meno poetica e spirituale di quella espressa da Antonio Tallarida: diciamo una versione prosaica, che non disconosce comunque nulla di quanto riportato nel pezzo del nostro amico associato. Nel corso degli ultimi decenni, molti ricercatori esperti in scienze sociali si sono dati allo studio della felicità. Le ricerche, nel loro complesso, ci facevano capire che la felicità scaturiva soprattutto dai rapporti interpersonali, percepiti universalmente come molto più importanti e profondi del successo economico e professionale.
Il dibattito è proseguito per decenni coinvolgendo economisti e psicologi. Soprattutto collegato ad una domanda cruciale: la ricchezza rende felici?
Recentemente il Financial Times ha intitolato: “è ufficiale, i soldi possono comprare la felicità”.   Il pendolo volgerebbe quindi verso il sì per la domanda soprariportata.  La soddisfazione per la propria vita, l’autostima e la gioia tendono a crescere con il conto in banca, mentre l’ansia tende a calare.
Eppure il fatto che molte menti brillanti si sfidano su questo terreno, portando dati ed argomentazioni di segno contrario vuol dire che la realtà è più complicata di quel che sembrerebbe.
In Buthan, ad esempio, questo piccolo regno sui monti dell’Asia, da 4 anni adotta come indicatore per calcolare il benessere della popolazione, il Fil, la Felicità interna lorda, che tiene conto di parametri come la qualità dell’aria, la salute dei cittadini, l’istruzione, la ricchezza dei rapporti sociali. Secondo alcuni studi il Buthan è uno dei paesi più poveri dell’Asia, ma per altri è la nazione più felice del continente.
Un altro popolo più gioioso che ricco, dicono gli esperti, è quello dei Masai.
Come la mettiamo, allora, con gli studi riportati dal Financial Times? Se vogliamo credere ai dati, il fatto che la felicità sbocci in contesti tanto diversi, dalle pendici dell’Himalaya, a quelle del Kilimangiaro, significa che una ricetta universale , valida per tutti, forse non c’è.
Infatti, le varie teorie affermano che la felicità è soprattutto relativa: la felicità di un culturista non è la stessa di una suora di clausura; quella di un peshmerga è diversa da quella di un tifoso di calcio…  Ognuno di noi ha una propria formula: la spiritualità, “La vera felicità proviene da un senso di pace ed appagamento interiore che a sua volta si ottiene coltivando altruismo, amore, compassione, e grazie all’eliminazione di rancore, egoismo e avidità”( Dalai Lama); l’esser sposati con figli, lottare per un ideale, usare i propri soldi per gli altri (personalmente sono alla ricerca di costoro per farmeli amici…); oppure, come per Charlie Brown scolaro, “accarezzare un cucciolo caldo, stare a letto mentre fuori piove, passeggiare sull’erba a piedi nudi”…
Una recente ricerca  ci dice che i parametri della felicità variano con l’età: dai 25 ai 34 anni guadagnano il podio la vita sessuale e le soddisfazioni ricavate dallo studio e dal lavoro. Poi, nella parte centrale della vita, divengono importanti il rapporto con gli altri, insieme alla famiglia, agli affetti, al lavoro. Tra i 45 e 54 anni, il prendersi cura di sé e la vita sessuale tornano in vetta (è il desiderio di sentirsi ancora giovani?).
La ricerca a cui faccio riferimento, sembra non spingersi nell’analisi della felicità delle persone della terza età. Cercherò di ovviare a questa manchevolezza con la mia testimonianza, che è, naturalmente, alquanto soggettiva. Per il sottoscritto, una buona base per intercettare la felicità, è innanzitutto, quella di non fare né troppe comparazioni con i sogni, né con ciò che materialmente si ha. Esercizio difficile, perché avere o non avere può non dipendere da noi, ma essere o non essere invece sì (chiedere ad Amleto). Attualmente, sto delineando la mia felicità  mediante un mix di elementi di un semplice rapporto:” Andare in giro con i miei nipoti fratto problemi di salute.” È l’algoritmo della mia felicità: più tempo passo con i miei nipoti (il numeratore) e, se le problematiche al denominatore tendono a zero, la mia felicità va verso l’infinito.

Autore articolo: Giorgio Fiorini

2 thoughts on “L’algoritmo della felicità”

  1. Antonia Tallarida

    L’articolo “essere felice ” riporta le parole del Papa. Io ho solo proposto ad Orlando di inserire il contenuto nel blog.
    Antonia Tallarida

  2. Giorgio Fiorini

    Cara Antonia, che le parole fossero del Papa, lo avevo capito. Questo non toglie il merito che tu abbia voluto riportare sul blog un tema importante e pensieri che meritano attenzione anche da parte di un agnostico. Un caro saluto,
    Giorgio

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