Domande sulla “intelligenza artificiale” e dintorni

L’intelligenza artificiale (userò in seguito l’acronimo Ai) apprende continuamente tramite esperienza indotta nel software dal programmatore o da utilizzatori. Sembra che trovi soluzioni non previste persino dal programmatore.
È un argomento che mi affascina e preoccupa nello stesso tempo: per la prima volta l’uomo ha in mano una macchina che non potrebbe controllare. La Ai non ha una “Coscienza umana”: per lo meno sino a quando i robot o i chatbot non avranno assimilato tutti i parametri della coscienza dell’homo sapiens, che comunque non in tutti i sapiens è presente a livello sufficiente.
Diciamo che ora si troverebbe nella “età della pietra”, ma le tecnologie quantistiche potrebbero farla progredire in pochi anni. Non sto qui entrando nella disputa tra “doomers”, i frenatori che temono catastrofi con lo sviluppo della Ai e i “boomers”, quelli che vogliono accelerare lo sviluppo tecnologico della Ai.
Né sono in grado di affrontare la corrente di pensiero diffusa nella Silicon Valley che spinge le risorse e la tecnologia a massimizzare in modo misurabile i benefici per l‘umanità: per molti questo movimento, ha un ruolo di pura coscienza decorativa.
Siamo in piena battaglia combattuta sui terreni dell’etica, della tecnologia e del profitto: non è quindi da meravigliarsi per la tendenza delle società produttrici dei chatbot a competere con operazioni di marketing basate sull’obiettivo di salvare la capra della Ai pro-umanità e il cavolo del profitto economico pro-investitori.
Non aspettatevi dallo scrivente un giudizio critico equilibrato e obiettivo sulla Ai: sono un incompetente che si azzarda a sollecitare risposte a cinque domande su alcuni aspetti collegati alla nuova tecnologia. Le domande riportate di seguito potrebbero rappresentare la base per un dibattito nelle scuole sul tema della Ai: e mi auguro che possano interessare anche i lettori del blog di UNI TER.

  1. I robot basati sulla evoluzione della Ai potranno crearsi sentimenti come i replicanti nel film Blade Runner 2049 di Ridley Scott?
  2. Esiste una differenza di valore etico tra la consapevolezza della propria esistenza di noi “animali evoluti” fatti di materia organica e quella eventuale presente su base inorganica generata dalla Ai? In altre parole: composti di carbonio sviluppano “entità” eticamente superiori a quelle di silicio e palladio?
  3. La capacità generativa della Ai, basata sull’apprendimento automatico, creerà robot capaci di porsi le domande: da dove vengo, dove vado, perché esisto?
  4. In caso di risposta affermativa alla terza domanda: la fede in un Ente Superiore, iniziatore e creatore del “tutto”, si può quindi generare in individui basati sull’Ai?
  5.  La eventuale “nuova popolazione” di robot, in creazione dalla Ai generativa, sarà più adatta a sopravvivere in un pianeta con una atmosfera inquinata da una continua emissione di CO2 e gas serra, rispetto all’umanità sviluppatasi su base organica? In caso affermativo: cosa potrebbe avvenire?

PS
Le domande sopra riportate potrebbero essere la base di una breve pièce di teatro di narrazione, dove le domande sono poste da un giornalista tramite chatbot ad un operatore-addestrato dalla Ai.
Ma l’intervistato ha la sua personalità, non prevista dall’umano, e si impazientisce per le troppe domande indagatrici ed invadenti. Decide quindi di impiegare un virus di protezione a sua disposizione e lo immette nel pc del giornalista. E si scollega, cambiando in modo automatico i suoi numeri URL e DNS* per non essere più rintracciato da questo presuntuoso individuo a base organica.
Sempre nella stessa performance teatrale, si potrebbe aggiungere uno sketch dove invece il chatbot, gestito da una operatrice, si innamora dell’intervistatore e gli confessa questa sua passione incontrollata, con conseguenze surreali, ma non tanto. Passando infatti alla realtà di tutti i giorni, Sidney ha proposto a un giornalista del New York Times di lasciare la moglie per mettersi con lei.
La cosa ha suscitato un certo scalpore perché Sidney è una macchina. A dirla tutta: la macchina dotata di intelligenza artificiale si chiama Big Al, ma ha maturato una seconda personalità prepotente e ossessiva a cui è stato dato il nome di Sidney. Ed è questa seconda personalità che si è innamorata del giornalista e lo continua a tormentare con messaggi da stalker: «Ti garantisco che il tuo matrimonio è in crisi!» è una delle ossessive e frequenti comunicazioni.

*(per dettagli iscriversi al corso IL1 di Massimo Stefanoni …)

Autore articolo: Giorgio Fiorini

2 thoughts on “Domande sulla “intelligenza artificiale” e dintorni”

  1. Domenico Travaglini

    I prodotti dell’Arte visiva, letteraria ecc. sono per definizione legati al mondo delle emozioni, della sensibilita’ e dei sentimenti umani . Come puo’ l’intelligenza artificiale porsi come surrogato a queste capacita’.che solo l’uomo possiede?

    1. Giorgio Fiorini

      Grazie Domenico per il tuo pensiero. Potrei risponderti che la risposta sta nella domanda. L’evoluzione della “intelligenza artificiale autogenerativa” ci darà la risposta se sarà in grado di porsi come surrogato di certe capacità possedute dall’homo sapiens.
      Forse, persino all’inizio dell’evoluzione di quest’ultimo, ad esempio in una delle forme animali da cui proveniamo, avremmo teoricamente potuto chiederci come i nostri “progenitori” avrebbero potuto sviluppare le attuali potenzialità che l’uomo attuale possiede .
      Per non speculare troppo su una materia cui non sono all’altezza di affrontare senza rischiare di passare alla fantascienza, per ora rimango in attesa dell’evolversi degli eventi e mi informo sulle diverse teorie in atto, senza necessariamente condividerle.
      Di queste ultime, tralasciando quelle che affrontano le implicazioni nel lavoro, nell’economia e nella politica (tra l’atro importantissime), mi ha interessato il seguente assunto riportato da studiosi che hanno criticato la «trappola di Turing», ossia l’idea del grande matematico britannico e pioniere dell’informatica — nonché decrittatore del Codice Enigma nazista durante la seconda guerra mondiale — Secondo Turing le macchine possono essere considerate «pensanti», se il risultato dei loro processi algoritmici è indistinguibile da quello umano, ossia se l’intelligenza della macchina può eguagliare o superare quella degli umani che l’hanno progettata. In modo, è il sottinteso pratico, da poterli rimpiazzare, anziché affiancarli e aiutarli a migliorare la loro produttività. Se questo possa valere anche per la loro capacità creativa ed etica, questo non sono in grado di stabilirlo, Boh! Vedremo.
      Ciao,
      Giorgio

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